Adesso e nell'ora parte I e II (Amen)
DOI:
https://doi.org/10.13133/2784-9643/17648Parole chiave:
Covid-19, pandemia, raccontoAbstract
Pà-pa-pa-pà – ta-ra-ta-ra-tà ta-ra-ta-ra-tà – Pa-pà-pa-pà. Tromba – Tamburo – Tromba. Iniziava così, con la marcia funebre per la regina Maria, ma questo lo sapevano in pochi. Era Radiomemento, che qualcuno un po’ meno preciso chiamava Radiosepoltura (le cremazioni divampavano ovunque) e qualcun altro un po’ più didascalico Radiodevimorire (il mondo è una curva da stadio). E iniziava ogni giorno alle sei del mattino. Erano quelli che molti dicevano «tempi di coronavirus», pensando di dire qualcosa di più di ciò che dicevano, cioè i primi mesi della pandemia di Sars-Cov-2; e di pandemia si trattava davvero, perché l’OMS, per gli anglofoni WHO (non chiedetemi chi), aveva dichiarato così. Ovunque se ne leggevano i segni. Pipistrelli cinesi selvatici del genere unico dei Rinolofidi volavano alti sotto le nuvole e invisibili sopra di noi, scaricandoci addosso quell’acido ribonucleico che sembrava corona, ma solo con l’occhio del microscopio. Con l’arrivo del Betacoronavirus, il secondo dei quattro di cui l’Alfa era il primo, e l’invasione delle mascherine, che sciamavano in massa dalle prigioni d’Egitto, prendevamo tutti coscienza di quanto gli esploratori della bromopnea avevano scoperto da tempo: l’alito nostro.
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