Geopolitica umana. Capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne di Dario Fabbri
DOI:
https://doi.org/10.13133/2784-9643/18735Abstract
Una rubrica di recensioni in una rivista accademica dovrebbe documentare relativamente a testi scritti da studiosi di professione o almeno improntati a rigore scientifico. Quello di cui si parla qui sotto non presenta queste caratteristiche. Perché, dunque, recensirlo? Potrei cavarmela attribuendo la scelta alla redazione che mi ha gentilmente contattato, ma in fondo io ho accettato e dunque sono almeno compartecipe nella decisione. Anzi, dovrei assumermi la quota maggiore di responsabilità perché la redazione poteva non essere al corrente del taglio del volume mentre io non posso negare che lo conoscevo bene. Iniziamo, dunque, con il giustificare la presenza di questa stessa recensione in una rivista scientifica, addirittura di fascia A. Se non è scientifico il linguaggio, se non è scientifico lo schema di ragionamento, se non si parte da un ben identificato interrogativo di ricerca e non si propone, nonostante venga annunciato, un metodo di analisi, perché sta qui? Per gli stessi motivi per cui spesso assistiamo dentro aule universitarie a convegni che presentano le medesime carenze: perché il mondo accademico deve sforzarsi di dialogare costantemente con altri ambiti della società, anche accogliendo metodi di lavoro lontani dalle sue prassi tradizionali, adottando registri linguistici non specialistici, incrociando professionalità non accademiche. Questi contatti, perfino nella forma più spinta di contaminazioni e ibridazioni, fanno bene a tutti, scienza inclusa.
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