«Dio ha voluto che rimanessi qui». Il significato religioso attribuito alla propria esperienza migratoria e la moschea come spazio sincronico: il caso etnografico della Moschea di Mariam a Cascina Gobba.
DOI:
https://doi.org/10.13133/2784-9643/18939Abstract
La centralità delle moschee nella diaspora e in particolare in Italia è qualcosa di noto: da una parte, come osserva Stefano Allievi, «la mancanza di interlocutori laici etnici e culturali» nel nostro paese rende ancora più rilevante il ruolo politico e sociale dell’associazionismo religioso islamico italiano, dall’altro, la moschea rappresenta uno spazio familiare e un veicolo di continuità culturale per molti popoli, in Italia come nel resto del mondo.
Attraverso un caso studio etnografico tratto dal contesto dell’islam milanese, approfondirò il tema del rapporto tra spazio e religione, concentrandomi sulla moschea nella diaspora come spazio «sincronico», inteso come interconnesso con altri luoghi, reali o immaginati, presenti o del passato, ma anche nel modo in cui, istanze differenti, dottrinali e religiose, neoliberali e postmoderne, coesistono, si intrecciano ed entrano in relazione l’una con l’altra.
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