LA “MENTALITÂ PRIMITIVA": RIDUZIONE, TRADUZIONE, COMPRENSIONE
Abstract
Con questo scritto, l'A. si propone di mostrare come alcuni tentativi
di analisi e spiegazione della “mentalità primitiva” nella prospettiva neo-intellettualistica, non portino a grandi risultati. Si ricava, inoltre, dall'articolo come le difficoltà teoriche contro cui si scontrano gli antropologi inglesi, esplicitamente o implicitamente neotyloriani, possano probabilmente esser superate tentando l'unificazione dei diversi approcci alla “mentalità primitiva”.
Adottare questo punto di vista comporterebbe la rinuncia a ridurre il comportamento magico-religioso ad un'unica determinata funzione, sia essa conoscitiva, “classificatoria”, espressiva, sociale. Secondo questa linea, si dovrebbe rinunciare, dunque, ad inserire, di volta in volta, le credenze magico-religiose nella teoria della conoscenza, della comunicazione ed infine della dinamica sociale. Esse dovrebbero esser considerate, invece, polifunzionali. Questa esigenza anti-riduzionista è, in realtà, già presente nell'opera di un autore tanto criticato come Levy-Bruhl. I suoi Carnets mettono in evidenza, infatti, come sia rischioso spiegare ed interpretare il materiale etnografico cercando “corrispondenze”, positive e
negative, con teorie della conoscenza o della psiche già date, costituitesi poi nella complessa storia del pensiero occidentale e, proprio per questo, tanto lontane dalla “mentalità primitiva”.
Summary
The author sets out to show that attempts to analyze and explain
“primitive mentality” in a neo-intellectual perspective have not had substantial results. It is also suggested that the theoretical difficulties
met with by British anthropologists, be they explicitly or implicitly neo-Tylorian, could probably be overcome by unifying the different approaches to "primitive mentality”.
Taking this stance would mean giving up the reduction of magico-religious behaviour to a single set function, be it cognitive, “classificatory”, expressive, or social. Thus one would have to stop classifying magico-religious beliefs according to the theory of knowledge, communication, and social dynamics. Instead, these beliefs should be considered as multi-functional. This anti-reductive stance is actually present in the work of the
much criticized Levy-Bruhl. Indeed, his Carnets point out how risky it can be to explain and interpret ethnographic material by looking for positive and negative “correspondences” with theories of knowledge or the mind. For these theories that have been developed in the complex history of Western thought are by their nature far from “primitive mentality”.