The Sceptical Ecologist: Gianni Sassi and Pollution, 1972

Abstract

Questo articolo esamina una mostra poco studiata, Pollution, immaginata da Gianni Sassi, l’intellettuale di sinistra affiliato al network interdisciplinare Fluxus, nell’autunno 1972. Pollution (per una nuova estetica dell’inquinamento) è stato uno di una serie di eventi culturali sperimentali organizzati da Sassi durante il periodo post-bellico. Il punto di partenza della mostra è Limits to Growth (Rapporto sui limiti dello sviluppo) il rapporto di uno studio portato avanti da un team di scienziati del MIT (Massucchetts Institute of Technology). Commissionato dal Club di Roma, lo studio ha cercato di comprendere la situazione dell’umanità, delineata da vari studi come una vera e propria crisi.  Concentrandosi su uno degli elementi del rapporto (il deterioramento dell’ambiente), questo evento, in parte mostra, in parte protesta, ha portato insieme un gruppo diversificato di collaboratori di un ambiente artistico e culturale. Curato da Daniela Palazzoli e Luca Maria Venturi e installato nel cuore di Bologna, Pollution ha offerto una risposta estetica provocatoria al pensiero ecologico emergente, presentando i contribuiti di ventiquattro artisti e del cantante pop Franco Battiato per affrontare la questione della distruzione ambientale. Questo esempio storico prende in esame un primo momento della storia della pratica artistica ecologica per esplorare come gli artisti e i curatori hanno risposto alla crescente consapevolezza dell’inquinamento e come hanno riflettuto sulla possibilità di modelli alternativi. Quali sono le lezioni imparate dal modo in cui la relazione tra l’arte e l’ecologia erano concepite da Pollution (1972)? Quale, se esiste, deve essere il ruolo delle arti nel cambiamento radicale e di fronte alla crisi globale? In fine, qual è l’eredità di Pollution (1972) per il dibattito contemporaneo?