La Coesistenza dell’Arte (1993), ovvero il transnazionalismo alla prova della caduta del muro di Berlino
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-1994/17916Parole chiave:
Coesistenza, transnazionalismo, Biennale di Venezia, Europa dell’Est, OrienteAbstract
La XLV Biennale di Venezia del 1993, curata da Achille Bonito Oliva mise al centro della propria metodologia un approccio transnazionale. Seppure stigmatizzato dal pavimento del padiglione tedesco reso simbolicamente maceria nell’intervento di Hans Haacke (GERMANIA, 1993), il progetto transnazionale fu sostanzialmente un fallimento. Quasi nessun paese aderì al progetto e con la guerra dei Balcani che si consumava a poca distanza da Venezia, il sogno di una fratellanza europea impallidiva. Fra le numerose proposte espositive della Biennale di quell’anno fu la mostra Coesistenza dell’Arte, a cura di Lóránd Hegyi a mettere in luce, senza paternalismi, la complessa dinamica che emergeva dalla dissoluzione del blocco sovietico. La mostra prendeva le mosse dall’esperienza delle biennali di Trigon a Graz (1963-1990), di cui raccoglieva l’eredità. Il paragone con quell’esperienza mise a fuoco il cambiamento epistemico che avvenne negli anni Ottanta a livello della rappresentazione dell’ Europa dell’Est. Il testo intende mettere in luce che il transnazionalismo europeo affonda le radici in questa mutazione della nozione culturale di ‘vicino oriente’ in quella geografica di ‘est’, che da un lato permise il mantenimento di una unità concettuale, dall’altro camuffava un atteggiamento profondamente orientalista.
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