Hemingway, Moravia e il fascismo. La “fortuna” dello scrittore americano in Italia tra gli anni ’20 e gli anni ’60
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-1994_3.2_2019Abstract
Tra le reazioni italiane alla morte di Hemingway, quella di Alberto Moravia si segnala per la condanna del culto del personaggio pubblico creato dallo scrittore. Nel paragonare Hemingway a D’Annunzio, Moravia si avvicina a definire il primo, se non un fascista, certamente una figura i cui valori erano vicini a quelli del fascismo. Il saggio di Moravia provocò vivaci reazioni e molti studiosi e scrittori italiani, pur critici di alcuni aspetti del suo lavoro, presero le difese di Hemingway. Il saggio ripercorre la polemica e analizza poi quali furono le opinioni storicamente espresse da Hemingway sul fascismo, su Mussolini e su D’Annunzio. I dati dimostrano che lo scrittore americano fu senza ambiguità ostile al fascismo e come dimostrato dalla censura di Addio alle armie dalla sua esclusione da una giuria letteraria che avrebbe dovuto indicare i migliori libri americani per il pubblico italiano, Hemingway era inviso sia a Mussolini sia ai suoi accoliti. È interessante e al tempo stesso sconcertante che, durante il dibattito che seguì all’articolo di Moravia, nessuno, o quasi, fece riferimento ai dati storici oggettivi. Se per un verso questa polemica appare oggi come datata e tipica dell’epoca della Guerra fredda, vale la pena ricordare che la critica hemingwayana è stata spesso segnata da toni politici, ieri come oggi. Inoltre, l’importanza dell’opera di Hemingway per gli scrittori italiani e il calore del dibattito circa i suoi meriti artistici, portano a pensare che lo scrittore dovrebbe essere incluso nel canone della letteraturaitalianadel Novecento.
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