Caricatura come censura: incroyables e merveilleuses tra stereotipi, costume e controllo sociale
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-1994/18477Parole chiave:
caricature, censorship, Directory, imagology, disciplinary powerAbstract
L’attenzione della storiografia e della sociologia sulla censura del costume si è prevalentemente concentrata sull’età contemporanea, dove la valenza politica dell’abito è emersa in riferimento ai regimi autoritari e totalitari. Minore è stata l’attenzione per le implicazioni simboliche e politiche dell’abito nell’età moderna, eppure la Rivoluzione francese ha evidenziato una regolamentazione dell’uso dell’abito quale strumento di espressione di un simbolismo e di un immaginario repubblicano che la classe dirigente intendeva radicare nella popolazione. Nel periodo direttoriale emerge in questo senso una tensione tra tre poli: la volontà di confermare l’abbandono del formalismo cetuale e l’immaginario dell’antico regime, la necessità di imporre un costume che rispecchiasse i nuovi valori, la volontà di lasciare un margine di libera espressione agli individui così da compensare l’integralismo giacobino. Un caso di studio idoneo per indagare questa triangolazione appare la vicenda degli incroyables e delle merveilleuses, membri della “gioventù termidoriana” con i quali il Direttorio costruì un rapporto ambivalente di apparente accettazione e sorveglianza, da un lato, e di pubblica marginalizzazione nel segno della derisione, dall’altro. L’analisi imagologica di alcuni esiti della cultura visuale francese e inglese, come le caricature, fa emergere una pratica di censura sfaccettata e funzionale a un potere disciplinare.
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