Avessimo avuto i soldi, magari, mi comprerei una tuta più bella. Oltre l’immagine stereotipata e la narrazione mediatica di luoghi e persone
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-6562/17550Parole chiave:
Identità collettiva, microcosmi, translocalismo, margine, giovani con background migratorioAbstract
La musica rap mantiene da sempre una stretta connessione ai luoghi e agli spazi, contrapponendosi alla cultura predominante. La storia del rap è un processo continuo e non lineare di territorializzazione: guarda alla periferia e volta le spalle al centro, si localizza ai margini, utilizza nei testi e nei videoclip diversi tòpoi semantici e architettonici tipici delle periferie urbane. Per questo il rap è anche un repertorio politico della periferia, che racconta le disuguaglianze spaziali come fosse una cassa di risonanza: parla di luoghi, ma parla soprattutto a chi li abita e non solo. Attraverso l’uso di un linguaggio comune, mettendo in rima le dinamiche di esclusione e rivelando la contraddizione tra centro e periferia. Oltre le frontiere, le distinzioni sociali ed economiche, le peculiarità dei contesti nazionali, il rap mette in connessione tutte le periferie. Attraverso la selezione di una tracklist gli autori esaminano alcuni testi di questo repertorio, chiedendosi se, e come, i testi delle canzoni contribuiscano alla costruzione di un’identità collettiva, e allo stesso tempo siano in grado di anticipare cambiamenti, trasformazioni e possibili vie d’uscita.
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