Venezia non è un bias. Osservazioni sulla fusione tra reale e immaginario di una iper-città
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-6562/17922Parole chiave:
Venezia, documentario, turismo, gentrificazioneAbstract
L’articolo segue i diversi nodi teorici che sono alla base di una ricerca personale iniziata nel 2016 e conclusa nel 2021 con la realizzazione di Venice Elsewhere, un documentario che cerca di indagare la malattia cronica di una città. Venezia ha una popolazione che nel centro storico ad oggi sta per scendere sotto la soglia dei 50.000 residenti, con un flusso turistico che si calcola in decine di milioni di presenze all’anno, e una superficie di 8,3 chilometri quadrati che risponde assertivamente ad un mercato che ha quasi un’unica richiesta: guardare. Alimentando una iper-esposizione che nei decenni ha portato ad un paradosso: come in una foto sovraesposta, i confini della città si fanno labili, tra uno svuotamento d’identità e una sempre più diffusa volontà di imitarne le forme o anche semplicemente di attribuirsene il nome, altrove nel mondo. Nel lavoro di ricerca che ha dato vita al film, ho deciso di ricercare luoghi che evocassero Venezia incontrando persone che vi abitavano e che, pur non avendola mai visitata, la percepivano come propria.
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