Praticare l’infraordinario. Coltivare spazi possibili fra assestamenti, gioco, cura e risignificazioni: un (auto)ritratto collettivo
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-6562/18159Parole chiave:
giardini condivisi, parchi gioco, beni comuniAbstract
«Cosa accade ogni giorno [...], come renderne conto, come interrogarlo, in che modo descriverlo?» George Perec ne L’infraordinario pone una domanda che molti placemaker condividono, poiché il luogo di cui si prendono cura è spesso segnato dalla temporalità e dalla spontaneità. Spazi accoglienti, flessibili e accessibili dove possono germogliare pratiche vive, efficaci per la costruzione di comunità condivise. Non è facile trasmetterne il significato, comunicare il senso delle esperienze che ne costituiscono l’ordito. Anche il più completo degli elenchi di attività, risultati, intenti e documenti programmatici non dice cosa rende specifico e speciale un progetto, può però essere utile ricostruire il percorso attraverso cui ha preso forma e si è evoluto. Attraverso un (auto)ritratto collettivo evidenzierò, anche in relazione ad autori che hanno contribuito a innervare memoria e immaginario, alcuni snodi essenziali del Giardino del Guasto, luogo storico emblematico nel centro di Bologna.
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