In principio fu “la città delle dame”. Da Christine de Pizan agli spazi transfemministi: immaginari, genealogie, mutamento
DOI:
https://doi.org/10.13133/2532-6562/17374Keywords:
city, women, transfeminist spacesAbstract
In 1405, the first woman writer in history, Christine de Pizan, built a city, which from the foundations to the towers was formed by the stories of exemplary women – of history and myth – removed from the official male memory. What emerges is an ideal community of women organized in a city space: autonomous, free and eternal (Caraffi, 2003). A red thread binds De Pizan to the contemporary world, in which feminist and transfeminist spaces invent ways to prefigure and give body to the city (Spain, 2014). Drawing on research on transfeminist spaces in Rome, the goal is to reconstruct the transition from imaginaries – related to the city, to the relationship between women, to genealogy – to contemporary political practices. This feminine/feminist genealogy rewrites urban imaginaries by opening up avenues of the possible in which women – their histories, their relational practices, their political organization – elaborate unprecedented languages and devices of resistance (Valentine, 1993; Cortesi, Cristaldi et al. 2006).
Nel 1405 la prima letterata donna della storia, Christine de Pizan, costruisce una città che dalle fondamenta alle torri è formata dal racconto di donne esemplari – della storia e del mito – rimosse dalla memoria ufficiale maschile. Ad emergere è una comunità ideale di donne organizzata in uno spazio cittadino: autonomo, libero ed eterno (Caraffi, 2003). Un filo rosso lega De Pizan al mondo contemporaneo, in cui gli spazi femministi e transfemministi inventano modalità di prefigurare e dare corpo alla città (Spain, 2014). Attingendo a una ricerca sugli spazi transfemministi a Roma, l’obiettivo è ricostruire il passaggio dagli immaginari – legati alla città, alla relazione fra donne, alla genealogia – alle pratiche politiche contemporanee. Questa genealogia femminile/femminista riscrive gli immaginari urbani aprendo varchi del possibile in cui le donne – le loro storie, le loro pratiche di relazione, la loro organizzazione politica – elaborano linguaggi e dispositivi di resistenza inediti (Valentine, 1993; Cortesi, Cristaldi et al. 2006).
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